Per le SS.UU. anche l’Utilizzatore può chiedere la risoluzione della vendita del bene concessogli in leasing.

Per le SS.UU. anche l’Utilizzatore può chiedere la risoluzione della vendita del bene concessogli in leasing.
23 Dicembre 2015: Per le SS.UU. anche l’Utilizzatore può chiedere la risoluzione della vendita del bene concessogli in leasing. 23 Dicembre 2015

Nel caso esaminato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione un’impresa, in qualità di utilizzatore del contratto di leasing stipulato con la società concedente, aveva convenuto in giudizio il fornitore del bene chiedendo la risoluzione per inadempimento del contratto di fornitura perché il bene compravenduto si era rilevato privo di una qualità essenziale. Il Tribunale di Verona, accogliendo le doglianze dell’utilizzatore, aveva dichiarato la risoluzione del contratto di fornitura, condannando la convenuta alla restituzione del corrispettivo della vendita. La fornitrice impugnava la sentenza avanti alla Corte d’Appello di Venezia, la quale la riformava dichiarando la “carenza di legittimazione attiva dell’utilizzatore nell’agire direttamente nei confronti del fornitore del bene concesso in leasing”. L’utilizzatore proponeva quindi ricorso per Cassazione in quanto “la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato la carenza della sua legittimazione attiva alla risoluzione della vendita sull’erroneo presupposto che l’esercizio diretto dell’azione contrattuale da parte dell’utilizzatore del bene in leasing nei confronti del fornitore, non derivando da una previsione generale di legge, sia ammissibile solo in presenza di specifica clausola contrattuale”. La Terza sezione della Corte di Cassazione rimetteva la questione alle Sezioni Unite per chiarire se “in ipotesi di leasing l’Utilizzatore sia legittimato a proporre autonomamente una domanda di risoluzione del contratto di vendita tra il Fornitore e la società di leasing concedente, come effetto naturale del contratto di locazione finanziaria, oppure se tale legittimazione sussista solo in presenza di specifica clausola contrattuale con la quale venga trasferita la posizione sostanziale del Concedente all’Utilizzatore”. Con la sentenza n. 19785 del 05.10.2015, le SS. UU. hanno espresso il principio di diritto in virtù del quale “in tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea all’uso occorre distinguere l’ipotesi in cui gli stessi siano emessi prima dalla consegna (rifiutata dall’utilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore” Le Sezioni Unite sul punto hanno assimilato il primo caso alla “mancata consegna del bene” affermando quindi che, per il principio generale di correttezza e buona fede contrattuale, il concedente, una volta informato dall’utilizzatore della ‘rifiutata consegna’deve sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore, competendo al concedente di “agire nei confronti del fornitore per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo”.Se invece i vizi della cosa compravenduta si “manifestano successivamente” alla consegna all’utilizzatore e/o vengono nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore, allora “l’utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione o la sostituzione della cosa”. In entrambi i casi “l’utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente”. Il presupposto di tale decisione è rappresentato dal fatto, ormai da tempo incontroverso (si veda in particolare Cass. Civ. n. 17145/2006), per cui il ‘leasing finanziario’ realizza un’ipotesi di collegamento negoziale tra il contratto di leasing (tra concedente ed utilizzatore) ed il contratto di fornitura (tra fornitore e concedente) perchè “quest’ultimo viene concluso dalla società di leasing con l’unico scopo di soddisfare l’interesse del futuro Utilizzatore ad acquisire la disponibilità della cosa”.

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